“Dio ti vede, Stalin no!” – I manifesti della campagna elettorale del 1948

 

“Dio ti vede, Stalin no!”

I manifesti della campagna elettorale del 1948

Manifesto di Giovannino Guareschi
18 aprile 1948

Le elezioni politiche del 1948 si tennero il 18 aprile. Costituirono la seconda consultazione elettorale a suffragio universale, dopo quella del 1946. La Democrazia Cristiana si aggiudicò la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi, caso unico nella storia della Repubblica. Il partito guidato da Alcide De Gasperi ottenne oltre 4,6 milioni di voti in più e un balzo del 13% rispetto alle elezioni della Costituente, diventando il punto di riferimento per l’elettorato anticomunista. Rilevante la sconfitta del Fronte Democratico Popolare, lista che comprendeva sia il PCI che il Partito Socialista Italiano. Con il 31% dei voti, i due partiti di sinistra ottennero insieme meno voti di quanti ne conquistarono separatamente nel 1946.

La campagna elettorale  come una dialettica murale

Nell’immediato secondo dopoguerra i cartelloni murali rappresentavano il mezzo più efficace di formazione del consenso: la radio riservava ai partiti uno spazio ridotto; i giornali restavano un privilegio per pochi; la tv ancora non esisteva. Le forze politiche si concentrarono sulla propaganda muraria, capace al contempo di raggiungere gli individui e le masse, gli analfabeti e gli intellettuali. Una vera e propria dialettica murale. Lo stile dei manifesti era molto diverso: la Dc perlopiù ricorreva all’uso di immagini evocative, poche parole, qualche slogan. Coltello tra i denti, colbacco in testa: un soldato sovietico campeggia sul manifesto e, sotto, la scritta minacciosa: “è lui che aspettate?” Questo era il genere di immagini che la DC affiggeva in gran quantità sui muri di tutta l’Italia in occasione delle elezioni del ’48. È stato calcolato che la sola Democrazia Cristiana stampò oltre cinque milioni di copie dei suoi 14 diversi manifesti, cui si sommarono i 23 volantini stampati in 38 milioni di copie, oltre alla innumerevole quantità di cartoline, strisce, opuscoli.

“Vota Garibaldi”: I manifesti del Fronte Popolare

Il Fronte Popolare, che vedeva uniti il Partito Comunista e il Partito Socialista mirava a stimolare maggiormente il lato razionale che non quello emotivo dell’elettore, ricorrendo a materiale propagandistico con un testo più ricco e con meno immagini e utilizzando come simbolo la faccia di Garibaldi stagliata su una stella rossa.

I manifesti dei Comitati Civici di Luigi Gedda

La casa di produzione era la Spes, e la generalità dei manifesti, circa una cinquantina, fu promossa dai comitati civici. I C.C. come venivano chiamati, erano stati creati solamente nel febbraio del 1948, a pochi mesi dalle elezioni, ma furono in grado di produrre un volume di propaganda notevole, nonostante il poco tempo materiale avuto a disposizione.
Il fondatore dei comitati civici fu Luigi Gedda, personaggio legato agli ambienti della Chiesa e in particolare al Papa Pio XII, che d’altra parte non vedeva di buon occhio il segretario della Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi. Papa Pio XII più volte era entrato in netto contrasto con De Gasperi, era deluso da quella che riteneva essere una mancanza di giudizio da parte della Dc. Gedda aveva ottenuto dalla Chiesa di fondare i comitati civici allo scopo di fare fronte in maniera diretta alla organizzazione capillare del Partito Comunista Italiano (si veda: Luigi Gedda, 18 aprile 1948, Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del fronte popolare, Milano, 1998). La struttura messa energicamente in opera da Gedda, servì a dare voce alle altre associazioni cattoliche, che non avevano modo di poter fare politica dovendo attenersi alle norme concordatarie del 1929, nelle quali si specificava come la Chiesa non potesse fare propaganda. Oltre ai cinquanta manifesti citati vi fu una grande produzione di volantinaggio e la stampa di un periodico in 250.000 copie denominato il “Collegamento” e che ebbe grande diffusione nel Paese (S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, Venezia, 1992, p. 102). I manifesti della democrazia cristiana si avvalsero dell’opera grafica di uno dei più affermati professionisti dell’epoca: Gino Boccasile. Il medesimo autore che aveva prodotto i manifesti delle “signorine grandi firme” e già autore di alcune opere realizzate per conto della Repubblica di Salò. Era stato istituito per l’occasione anche un “Ufficio psicologico” per la preparazione di tali manifesti. Turi Vasile ne era il direttore.

La campagna dei parroci: “Metti una croce dove ce n’è già una”
Il contributo di Giovannino Guareschi

I “trinariciuti” – La profonda fede cattolica, l’attaccamento alla monarchia e il fervente anticomunismo fecero di Guareschi uno dei più acuti critici del Partito Comunista Italiano. Famosissime le sue vignette intitolate “Obbedienza cieca, pronta e assoluta”, dove sbeffeggiava i militanti comunisti che lui definiva trinariciuti (la terza narice aveva un duplice scopo: serviva a far defluire la materia cerebrale e a far entrare direttamente le direttive del partito), i quali prendevano alla lettera le direttive che arrivavano dall’alto. Per la celebre prima vignetta del compagno con tre narici, Togliatti lo insultò con l’appellativo di “tre volte idiota moltiplicato tre” durante un comizio. Per tutta risposta Guareschi scrisse su Candido: “Ambito riconoscimento”.

Nelle elezioni politiche del 1948 Guareschi diede il suo attivo contributo per la sconfitta del Fronte Democratico Popolare. Di quegli anni, di quelle elezioni è forse l’immagine più celebre quella tratta dalla vignetta ideata da Giovannino Guareschi: un omino munito di matita è in procinto di votare, sopra la scritta: “Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!”.

Una carrellata sui manifesti elettorali della campagna elettorale del 1948

I_manifesti_elettorali_del_1948

a cura del Dipartimento di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Genova



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