La simbologia della camelia, dalla Marguerite/Violetta di Dumas e Verdi a Coco Chanel

E’ singolare il fatto che le due opere che hanno reso celebre la camelia im letteratura e musica, La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio e La traviata di Piave/Verdi abbiano cambiato il nome della protagonista che ama le camelia in due nomi di fiori: Marguerite (Dumas), simbolo di semplicità, innocenza, spontaneità, bontà, freschezza e purezza;  e Violetta (Piave/Verdi), simbolo di umiltà e modestia.

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Il fiore della camelia entra nel mondo europeo alonato del fascino sottile dell’Oriente. Infatti la camelia (lat. scientif. camellia), che prese nome, ad opera di Linneo, dal gesuita moravo, padre George Joseph Kamel, missionario nell’Asia orientale, che ne importò la pianta in Europa nella prima metà del Settecento, è originaria del Giappone, dove, come in Cina, era al centro dell’arte e della letteratura. Le sue varietà più pregiate venivano riservate ai nobili e quindi alle persone elevate e colte, che, d’altra parte, avevano come loro prerogativa di casta la capacità di disporre fiori e giardini, sviluppando un complesso simbolismo.

Nella cultura orientale la camelia è il simbolo della devozione eterna tra gli innamorati. La sublime danza del petalo e del calice che percorrono il ciclo vitale congiuntamente (arrivando addirittura a distaccarsi insieme dalla pianta) rappresentano alla perfezione la persistenza dell’amore e la devozione reciproca.

In Francia l’attenzione per la camelia, fiore dell’Estremo Oriente, si colloca nel generale clima di interesse per le manifestazioni culturali della Cina e del Giappone, a cui diedero tanto impulso i fratelli Edmond e Jules de Goncourt sulla metà dell’Ottocento, anche se la prima a far conoscere le camelie alle signore della buona società parigina era stata l’imperatrice Giuseppina, che ne aveva alcuni esemplari a fiore semplice.

Le camelie erano il fiore preferito e inseparabile di Marguerite Gautier, la prostituta di lusso francese protagonista del romanzo La signora delle camelie (La Dame aux camélias) scritto nel 1848 da Alexandre Dumas figlio ispirandosi alla triste storia della sua amante, Marie Duplessis (Alphonsine Plessis), conosciuta nel 1844 e deceduta tisica, tre anni dopo, all’età di ventitré anni. Il dramma d’amore contrastato e ad epilogo funesto tra Marguerite, malata di tubercolosi, e il giovane borghese Armand Duval commosse i lettori diventando immediatamente un successo. Dumas lo traspose in una versione teatrale, che andò in scena per la prima volta a Parigi nel 1852, con il ruolo principale affidato alla celebre Sara Berhnardt, che lo replicò a Londra, lungamente a Broadway e che interpretò anche il film dal titolo omonimo nel 1911. In seguito fu riproposto in innumerevoli edizioni nei teatri mondiali con attrici famose, come Eleonora Duse.

A sua volta, Francesco Maria Piave trasse ispirazione dal romanzo per scrivere il libretto de La Traviata (1853), melodramma in tre atti magistralmente musicato da Giuseppe Verdi, con i protagonisti rinominati Violetta Valéry e Alfredo Germont. All’inizio di quest’opera lirica, Violetta porge una camelia (il suo fiore preferito) ad Alfredo in risposta alla sua dichiarazione d’amore, poi i due si rivedranno quando sarà appassita. La storia del romanzo di Dumas venne ripresa in balletti – tra i quali Marguerite et Armand di Frederick Ashton per Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn, nel 1963 – e opere televisive, ma soprattutto fu oggetto di circa una ventina di adattamenti in versione cinematografica in numerosi Paesi e diverse lingue. Dopo il primo film per la regia di Viggo Larsen nel 1907, tra gli altri è rimasta memorabile l’interpretazione della coppia dei protagonisti Greta Garbo e Robert Taylor nella pellicola cinematografica Il romanzo di Marguerite Gautier (Camilla) con la regia di George Cukor, nel 1936, ma sono da menzionare anche La Signora delle camelie (1953) diretta da Michelangelo Antonioni con Lucia Bosè e Gino Cervi, e il libero adattamento Moulin Rouge! (2001) di Baz Luhrmann, con Nicole Kidman ed Ewan Mc Gregor.

La simbologia della camelia nell’opera di Piave/Verdi è intrecciata strettamente a quella della tisi di cui è affetta la protagonista.

La simbologia della camelia

Tavola botanica di Camellia japonica
Tavola botanica di Camellia japonica

Camellia è un genere di piante della famiglia delle Theaceae, originario delle zone tropicali dell’Asia. Come si è già detto, il nome del genere, scelto da Linneo, deriva dal nome latinizzato del missionario gesuita Georg Joseph Kamel (1661-1706), farmacista e botanico, che per primo importò la pianta dal Giappone.

Nella tradizione cinese, i morbidi petali dolcemente arrotondati della camelia sono simbolo di massima raffinatezza, perfezione ed eccellenza per la loro posizione in simmetria, oltre a esprimere l’attaccamento amoroso di lunga durata. Incarnano anche l’essenza di una ragazza che ha scelto di affidarsi alla protezione del giovane amato, rappresentato dal calice che supporta il fiore. Petali e calice si distaccano insolitamente insieme dalla pianta dopo che il fiore è appassito, invece di scivolare a terra un petalo dopo l’altro, caratteristica per cui le camelie sono assunte, in Cina, quali rappresentative dell’unione perfetta e della devozione eterna tra innamorati, mentre si caricano del significato negativo di ‘vita spezzata’ in Giappone. I giapponesi comunque apprezzano molto questa pianta autoctona (‘Camellia japonica’, ‘Rosa del Giappone’) per i fiori stracolmi di petali che si schiudono molto precoce nel tardo inverno. In Corea, la fioritura prolungata per alcuni mesi della nativa camelia è assunta a dimostrazione di persistenza dell’amore e della devozione, così che di sovente è inserita nei bouquet e nelle decorazioni nuziali. E’ quindi un fiore adatto ad essere regalato ai propri cari, suscita grande effetto quando viene inviato da un ammiratore segreto, mentre porge un messaggio di buona fortuna quando è donata a un uomo.

Le camelie sono simboli portafortuna anche nel Capodanno cinese e, in questa occasione, vengono anche offerte agli dei, ma rappresentano anche la primavera. E’ diffusa la credenza popolare secondo la quale le donne cinesi non dovrebbero mai indossare una camelia tra i capelli: fiorendo molto tempo dopo che la gemma si è formata, equivarrebbe a dover aspettare a lungo di rimanere in stato di gravidanza. Ma in molte zone della Cina, soprattutto nel sud-ovest, dove le camelie sono più popolare, sono anche considerate il fiore adatto ai figli giovani di entrambi i sessi.

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A seconda del colore, il significato della camelia trasmette un messaggio diverso: rosa significa nostalgia e desiderio di ritrovarsi, mentre rosso dichiara che il cuore è infiammato di passione, ma entrambi le tonalità rappresentano l’amore romantico; variegata è simbolo di fiducia e speranza; bianco testimonia profondo affetto, compreso quello che prova un genitore verso il figlioletto, a fiore doppio segnala quanto si pensi a chi lo si invia, semplice indica adorazione e bellezza.
Storia di un fiore

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L’immagine della camelia, per lo più a fiore rosso, venne raffigurata su dipinti e porcellane a partire dall’XI secolo, ma un testo cinese risalente alla dinastia Song (960-1279) ne menziona una fioritura bianca. Il medico tedesco, naturalista e viaggiatore, Engelbert Kaempfer (1651-1716) pubblicò per primo una descrizione e l’illustrazione della pianta della camelia giapponese nel testo ‘Amoenitatum exoticarum’ (1712) e ne introdusse più di una ventina di varietà. La denominazione di ‘Camellia’ fu utilizzata per la prima volta dal medico naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778), noto come Linneo – il fondatore della classificazione scientifica moderna degli organismi viventi – in onore di George Joseph Kamel, un missionario gesuita tedesco pioniere nelle Filippine, deceduto a Manila nel 1740. Questi, in realtà, probabilmente non fu lo scopritore della camelia, visto che non si recò mai al di fuori della nazione in cui operò ma, in Europa, venne molto apprezzato un suo lavoro sulle piante orientali pubblicato (1704) in appendice all’Historia plantarum’ scritta dal noto botanico britannico John Ray. Nel continente asiatico, a quanto pare, l’arbusto cinese (Camellia sinesis) dai piccoli fiori bianchi fu conosciuto fin dal 590 a. C. con il nome di ‘tè selvatico’ o ‘tè delle montagne del sud’, ma il primo a segnalarlo e descriverlo agli europei fu il medico tedesco Andreas Cleyer, che si recò in Giappone tre volte tra il 1680 e il 1687. Le prime notizie sulla cosiddetta ‘Thea chinensis’ in Inghilterra vennero inoltrate alla Royal Society nel 1702 dal botanico James Petiver. Nella prima metà del ‘700, l’inglese Lord Petre diventò pioniere nell’importare e coltivare piante di ‘Camellia japonica’ rosse nella serra privata a Thorndon Hall, nell’Essex (Regno Unito).

Vendute nel 1807 a un vivaio americano come piante sempreverdi da ricovero, le camelie presto furono invece coltivate all’aperto nei territori a sud. Il giudice statunitense Arthur W. Solomon si appassionò così tanto alle camelie che, nel 1937, si imbarcò per la Francia per ritornare con 200 di queste piante da fare attecchire in giardino – in seguito diventato famoso proprio per le fioriture – della dimora ‘Wellesly Manor’, che divenne poi la sua residenza, a Grimbal’s Point, vicino a Savannah, in Georgia. La popolarità della camelia negli Stati Uniti arrivò negli anni ‘40, dopo che E. Manchester Boddy, il magnate proprietario del giornale Los Angeles Daily News, iniziò a coltivarne degli esemplari nei giardini – i ‘Descanso Giardens’ in seguito ceduti alla Contea di Los Angeles – a La Cañada Flintridge, in California, e si tenne la prima ‘Festa della Camelia’ nello Stato, a Temple City, nel 1945.

Usi e costumi

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La pianta cespugliosa di camelia, originaria dell’Asia sud-orientale e dell’est, dall’Himalaya fino al Giappone e all’Indonesia, si diffuse in tutto il mondo, inizialmente per le pregiate foglie utilizzate per preparare il tè. In seguito alla grande richiesta europea di questo infuso, irlandesi, inglesi, olandesi, francesi, portoghesi tentarono invano di impiantarla nei loro rispettivi territori per non continuare a doverla importare. Le diverse condizioni climatiche non lo consentirono così che, in Europa, l’interesse fu dirottato sulla specie ornamentale dai fiori traboccanti di petali sovrapposti e duraturi. Alcune varietà sono utilizzate nella medicina tradizionale cinese in caso di asma, problemi cardiaci e infezioni batteriche sin dall’epoca della dinastia Shang (ca. 1600 a.C.- ca.1046 a.C.). I germogli e le foglie di ‘Camellia sinensis’ vennero impiegate, per la prima volta, per preparare la tisana tonificante denominata ‘tè’ sotto la dinastia cinese Zhou (XII-III secolo a.C.). Tuttora vengono raccolti e trattati in diversi modi per ottenere diversi tipi di tè (bianco, verde, nero, oolong), mentre si impiegano i ramoscelli e gli steli per ottenere il tè Kukicha. In passato, i semi venivano utilizzati per estrarre olio per le lampade e per i capelli.

La camelia in Italia

In Italia le prime camelie furono messe a dimora verso il 1760 nel parco della Villa Reale di Caserta, per desiderio della regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena. Anche la vicenda di Margherite Gautier divenne molto popolare da noi, soprattutto in quanto ripresa nella Violetta, protagonista della Traviata (1853), melodramma musicato da Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave. Qui però non si fa riferimento a nessun fiore specifico.

Nell’Ottocento la camelia divenne il fiore prediletto dall’aristocrazia e dall’alta borghesia europea, elemento di eleganza soprattutto maschile, più moderno rispetto al garofano. Nel linguaggio segreto dei fiori, il sélam, così importante nella seconda metà del secolo scorso, la camelia assunse “una generica colorazione peccaminosa, come colei che la portò nel celebre romanzo” (Cattabiani), ma anche il significato di costanza e perseveranza.

Nelle opere letterarie successive la camelia vive sia come fiore reciso, di cui si nota soprattutto l’essere privo di profumo, sia come albero, che conferisce una nota di gradevolezza a paesaggi anche diversi e lontani tra di loro.

A disprezzare questo fiore, proprio in quanto privo di profumo, è, ad esempio, Enrico Nencioni che la definisce “insipida camelia”. Sulla stessa notazione si sofferma anche Giuseppe Giusti quando dice:

spunteranno foglie e fiori
senza puzza e senza odori,
come le camelie.

In Ippolito Nievo la camelia è elemento ornamentale di un tipico giardino del tempo: “All’estate il tuo giardinetto vede le camelie e i rododendri sostituirsi ai gerani e al rosmarino soli adornamenti d’una volta”,. Emilio Praga la menziona nella sua poesia Calendario, in cui dà le prescrizioni per le cure del giardino nei vari mesi dell’anno. A proposito di Gennaio dice appunto:

Amate i fior? di paglia circondate
la gracil viola ed il giacinto;
alla camelia, alla azalea donate,
e al variopinto tulipano,
ed all’ellera, ed al lillà
l’aure negate alle deserte aiuole:
certo anche ai fior pensò chi le scintille
rapiva al sole!

In un altro testo invece inserisce la camelia, probabilmente per il suo colore bianco e per i riverberi di disfacimento mortuario che le derivano dalle opere di Dumas, in un contesto macabro–funebre, in linea con gli atteggiamenti più di rottura del gusto scapigliato: Questa bianca camelia artificiale, prima d’ssere un fiore fu un cero di funerale.

Varie e diversificate sono le presenze letterarie della camelia nella produzione letteraria italiana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nostro secolo. La incontriamo anche in un contesto un po’ scanzonato nel Pinocchio di Carlo Collodi, come elemento ornamentale del “ciuchino Pinocchio”, che appunto “Era tutto agghindato a festa con fibbie e borchie d’ottone; due camelie bianche agli orecchi: la criniera divisa”.

Gli usi letterari che si fanno della camelia sono però prevalentemente in rapporto al suo colore bianco o rosso, per cui diventa elemento di comparazione per il bianco in Alfredo Oriani, che, per tratteggiare con pochi tocchi una ragazza, dice: “A diciott’anni … alta, flessibile, bianca come una camelia, bionda, cogli occhi neri”. Qui il paragone con la camelia conferisce al breve ritratto della giovane donna un che di elegante, di delicato, quasi un tocco di raffinatezza, mentre nei versi di Ada Negri:

La lampada velai, ché il lume agli occhi
non la ferisca. Come lunga l’ombra
delle ciglia sul viso! Come immoto
il viso, bianco … una camelia bianca

il paragone del pallore del viso con la camelia ci riporta a qualcosa di malato, ad un preludio di morte.

Ma la camelia non è solo bianca, i suoi petali possono anche accendersi di un rosso allusivo di sentimenti di passione, così nella novella Di là dal mare dove Giovanni Verga scrive: “Delle camelie ce n’erano tante e superbe nella splendida serra in cui giungevano soffocati gli allegri rumori della festa, molto tempo dopo, quando un altro ne aveva spiccata per lei una purpurea come di sangue, e gliela aveva messa nei capelli”.

Ma la camelia è pure rosa, un colore delicato, ma anche ambiguo, per uno scrittore come Aldo Palazzeschi, che con riferimento a questo fiore così tratteggia un suo personaggio: “E un’altra cosa sempre uguale su cui erasi fissata la mia curiosità: all’occhiello del tait, o a quello del paltò, una camelia rosa simile molto al carname delle guance, perché l’artifizio riusciva a dare il tono molliccio e caldo del neonato a quelle vecchie fibre”.

Secondo Alfredo Cattabiani ogni varietà del fiore reciso di camelia “esprime un sentimento diverso: quella a fiore bianco doppio dice: “li mio pensiero è per té”; la camelia a fiore bianco scempio evoca l’amore materno: regalatela dunque a vostra madre. La camelia a fiore di anemone rosso rimprovera: “Un voto fallace”; quella a fiore rosso scempio parla di: “Amore e speranza”; se è di color rosa esclama: “Ti ritrovo infine”, mentre la rosso sangue lamenta: “Affanno” e la sasanqua rosea promette: “Saprò tenerti, non mi sfuggirai”, la camelia variegata simboleggia infine “Amore, Fede, Speranza”.

Questo complesso sistema di significati rimane però estraneo ai nostri scrittori, che fanno un uso sobrio e limitato del fiore della camelia, senza caricano di eccessive simbologie. Due soli poeti lo inseriscono come elemento decorativo del paesaggio. Giosuè Carducci in Piemonte così tratteggia con pochi tocchi il fresco paesaggio fluviale del Portogallo dove Carlo Alberto ha stabilito la sua dimora di sovrano in esilio dopo la sconfitta di Novara:

Oh sola e cheta in mezzo de’ castagni
villa del Douro,
che in faccia il grande Atlantico sonante
a i lati ha il fiume fresco di camelie.

Eugenio Montale in una delle sue più antiche poesie, Riviere, connota il paesaggio dell’estremo levante della Liguria con sobrie pennellate di elementi naturali, tra cui gli alberi di camelie dai fiori pallidi, memoria forse inconsapevolmente romantica nell’allora giovane poeta:

Riviere,
bastano pochi tocchi d’erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalle in una ragna
di fremiti d’olivi, di sguardi di girasoli.
 

Nella produzione poetica successiva la camelia non comparirà più, né in Montale, che conferirà significati simbolici ad altri fiori, soprattutto al girasole, che già occhieggia da questi versi giovanili, né in altri tra i poeti della più rilevante tradizione novecentesca. Forse perché la camelia, troppo carica di eredità ottocentesche finisce per entrare nel novero delle gozzaniane “buone cose di pessimo gusto”, anche per la sua costante presenza tra i fiori artificiali di seta, proprio per la facilità di riproduzione che la sua configurazione regolarmente compatta consentiva. Sull’inizio del nostro secolo, poi, in consonanza con il gusto liberty, tendono ad affermarsi altri fiori dalle linee più mosse e frastagliate (iris, lillà, glicine), ma, soprattutto in Francia, con il crescere dell’attenzione nei confronti dell’opera di Marcel Proust, si impone la cattleya (tipo particolarmente elegante di orchidea), come fiore che porta l’immaginazione ad una sfera amoroso–sensuale. Dobbiamo poi anche considerare che tutti i poeti del nostro secolo tendono ad una presenza sobria e misurata dei fiori nei loro testi, proprio per il carattere stesso della loro poetica che li porta a prendere le distanze dalla più usurata maniera romantica ottocentesca che tendeva a stabilire una troppo scontata e semplicistica identità tra il fiore e la poesia, in base all’assunto aprioristico che il fiore fosse di per sé un elemento di poeticità.

La rivoluzione di Coco Chanel

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La stilista francese d’avanguardia Coco Chanel (1883-1971) rimpiazzò il vestiario poco pratico della belle èpoque con una moda larga e comoda. Nel 1916, ad esempio, Chanel estese l’uso del jersey (un materiale a maglia molto flessibile), dal suo uso esclusivo per i sottabiti a una grande varietà di tipi di vestiario, inclusi i vestiti semplici in grigio e blu scuro. Questa innovazione fu di così grande successo che “Coco” iniziò ad elaborare le sue celebri fantasie per i tessuti jersey .

Per la sobrietà, la regolarità e la perfezione che caratterizzavano i suoi petali bianchi, Chanel predilesse la camelia. Emblema del desiderio profondo dell’amata e di cuore acceso di passione, fu il primo fiore avuto in regalo dal suo amante inglese Arthur Edward (‘Boy’) Capel (1881-1919), un influente politico, intellettuale e giocatore di polo, finanziatore della sua prima boutique a Parigi.

La camelia, bianca e ‘proibita’, perfettamente calzante al gusto di provocare con ambiguità dell’androgina Gabrielle Bonheur ‘Coco’ Chanel, diventò il suo simbolo, appuntato sul bavero della giacca e, senza tempo, rimase quello della Maison parigina. Tuttora, la camelia di Chanel è uno degli emblemi più riconoscibili, insieme con la doppia C rovesciata, leit motiv predominante nelle collezioni, riproposta colorata, in stoffa, in pelle, in materiale plastico e in oro con diamanti o pietre preziose.

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